POLAROID, NON FINISCE QUI

Prima o poi sarebbe successo. Inevitabile declino della pellicola. L'uomo degli anni '00 preferisce il digitale, aborre tutto ciò che conduce all'errore, all'imperfezione, alla non calcolabilità e alla previsione asintoticamente esatta del futuro. L'uomo contemporaneo si trova a suo agio in una società gelatinosa, in cui ogni suo movimento è prevedibilmente coinvolto, in cui spazio e tempo preferisce ridurli a frammentazioni non interessanti o comunque ininfluenti.
Non sorprende l'oblio del mezzo fotografico così come nacque, nera scatola imbarazzante e ingombrante. Nel corso del tempo la riduzione a più dimensioni ha agito professionalmente per andare a limare le sbavature improprie del mezzo, mostrando come risultato una figura più compatta e meno marziana. Era l'epoca in cui molti, soprattutto artisti, guardavano con sospetto alla fotografia. Non era certo arte quella riproduzione secca e diretta della realtà, mancava di estro e d'interpretazione. Poi si capì che la fotografia non pretendeva sfidare la pittura, ma parafrasando Man Ray “dipingo quello che non può essere fotografato. Fotografo quello che non voglio dipingere”. Divenne allora un incanto la visione di certi capolavori, l'occhio umano si evolveva e procedeva alla scoperta della realtà usando nuovi mezzi interpretativi, cogliendo particolari sfuggiti e irripetibili.
Capitò che nel 1947 un fulmine di luce attraversò l'intuito del trentasettenne Edwin Herbert Land, che scosso dal desiderio di annientare il tempo di sviluppo della pellicola, partorì la rivoluzionaria idea dell'istantanea. Perché non poter maneggiare da subito l'immagine stampata? Il geniale rampollo matura la possibilità di applicare già all'interno del mezzo fotografico quella soluzione chimica che permetterà l'evoluzione dell'immagine, da qui la figura a scatoletta o a navicella spaziale della Polaroid. Fu un successo. Giusto il tempo di un click e la Polaroid investe gli animi di un intero pianeta. L'entusiasmo per questa magia prêt-à-porter colpisce chiunque, dal cuore della casalinga sforna-torte e soufflé che immortala la famiglia al mare indossando costumi interi, pinne e salvagenti a paperella, alle menti più sofisticate di artisti trasgressivi e alla ricerca di nuove sperimentazioni, come i celebri Andy Warhol e Ansel Adams. Il progresso fu veloce e si passò presto dal “roll film” alla più conosciuta SX70 e successivamente alla 600. La Polaroid divenne un simbolo per tutta una generazione, un marchio d'appartenenza per una società che velocemente scopriva il boom economico dopo anni di guerra, un gesto che riassumeva l'impeto della modernità in uno batter di ciglia e che lasciava anche giocare i più disinvolti nel processo fulmineo di stampa. Appassionò moltissimi artisti tra cui, oltre ai già citati e capilista Andy Warhol e Ansel Adams, ricordiamo Chuck Close, William Wegman, Robert Rauschenberg, David Hockney, Robert Frank, Robert Mappelthorpe e Lucas Samaras, tutti nomi che compaiono nella famosissima collezione Polaroid. Collezione che un mese fa, precisamente il 21 e 22 giugno, è stata messa all'asta a Sotheby's, New York al 1334 di York Avenue. 1.200 istantanee sono state vendute per risanare i debiti della rinomata compagnia fallita nel 2008, e i ricavi non hanno certo deluso i venditori, basti pensare che un autoritratto di Warhol è stato pagato ben 254.500 $. Le Polaroid più quotate sono però state quelle di Adams tra cui Clearing Winter Storm del valore di 722.500 $, seguita da Moonrise, Aspens e Winter Sunrise. Così se ne vanno tra le mani degli acquirenti più soddisfatti gli scatti d'artista che avevano incantato il novecento, emblemi di un mondo che cresceva rigonfio di desideri e rivolto a un futuro già pronto a sussumerlo tra le pieghe del progresso che trascinava con sé. Il digitale non ha però obliato il piacere della pellicola, e neppure la magia dell'istantanea. Seppure profughi di un tempo non loro, esuli ribelli testimoni dell'impressione, adoratori di marchingegni da appendere al collo, sopravvivono oggi i cultori della Polaroid.
L'azienda madre, oggi guidata da un'estroversa Lady Gaga, non produce più pellicole ma ha reinventato l'idea di Polaroid inserendola a tutti gli effetti nel contemporaneo tempo in cui ci troviamo a vivere. Ebbene si, hanno digitalizzato la Polaroid! Stampantina portatile, il modello 300 sbarca sulla terra. Niente da ridire sull'uso del digitale, solo un po' di rammarico sull'aut aut con la pellicola. Certo, le richieste di mercato e il fallimento precedente avranno obbligato a rinunciare all'ignorata istantanea, ma a noi instancabili romantici e cultori di un tempo senza spazio piace ancora pensare che non tutto si riduca a un calcolo economico. Impossible Project, un gruppo di ex dipendenti dell'azienda guidati da F.Kaps, dopo 17 mesi di ricerca e studi, ha salvato dalla disperazione moltissimi affezionati dell'analogico iniziando a produrre nuovamente pellicole per Polaroid SX70 e 600. Segno che in questa società dell'apparenza e della mediazione, società che interviene a prendere potere in ogni interstizio delle nostre vite, c'è forse ancora modo di tenersi uno spazio proprio, che seppure dentro la contemporaneità ne rimane da una parte svincolato.

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