I GATTI PERSIANI

Due ragazzi, lui tastierista e lei cantante, cercano altri musicisti per formare una band pop rock. Vogliono suonare le loro canzoni, avere successo, andare all’estero, a Londra magari. Fin qui niente di nuovo. Ma se mettiamo i due ragazzi in uno stato dittatoriale e religiosamente integralista, dove chi non suona la musica “consentita” finisce in carcere per due o tre mesi e si vede confiscati gli strumenti, allora la prospettiva cambia. Ashkan e Negar sono i protagonisti di questo film iraniano del 2009, vincitore del premio speciale della giuria al Festival di Cannes. Nella loro ricerca di una band i due si imbattono in Nader, un maneggione logorroico che per campare vende dvd pirata, e che ha molte conoscenze nell’underground musicale di Teheran. Nader accompagna i due ragazzi (e noi spettatori) tra vicoli tortuosi e sale prove imboscate; loro alla ricerca di componenti per formare il gruppo, e noi alla scoperta del mondo musicale giovanile di un paese controverso come l’Iran. Le diverse situazioni presentate sono sorprendenti, a volte grottesche, come il gruppo (che suona come i Mars Volta) che per provare senza rischi deve aspettare che un vicino esca a passeggiare; oppure i metallari che suonano in una stalla, tra il fieno e le mucche, perché non trovano altro posto per provare. La cosa simpatica è che per ogni band c’è lo spazio di una piccola esibizione, durante la quale il film si trasforma in una sorta di videoclip dove la musica accompagna le immagini della città e dei suoi abitanti. Tra una canzone e l’altra la storia prosegue con il tentativo di organizzare un concerto (ovviamente illegale) per raccogliere i soldi necessari al pagamento dei passaporti (falsi), unico modo possibile per lasciare il paese. Il risultato è notevole, soprattutto se si pensa che il film è stato girato in clandestinità, senza permessi (pare che il regista Ghobadi abbia corrotto con dei dvd illegali alcuni poliziotti, per chiudere un occhio durante le riprese in esterno). La videocamera spesso segue i tre protagonisti in stanze piccole e buie, attraverso scale e corridoi contorti, e vie piene di saliscendi e di curve, come a dimostrare simbolicamente la difficoltà del percorso di quei ragazzi che per un sogno si mettono contro all’autorità. I toni sono comunque leggeri, fino all’improvviso e inaspettato epilogo. L’urgenza dei musicisti rappresentati e de I gatti persiani è la stessa: dimostrare come si può resistere a chi vorrebbe limitare ogni libertà, e documentare questa resistenza attraverso il proprio lavoro e il proprio impegno. Loro ci credono davvero. Anche se può sorprenderci che qualcuno debba lottare e rischiare per ottenere quello che invece per noi è immediato e disponibile, dobbiamo ricordarci che la libertà non è né gratis, né scontata. Un film come questo può esserci d’aiuto.

Nessun commento: