Vi son momenti nella vita in cui si è coinvoltissimi nell’amore.
Pensieri d’amore stipati in ogni percezione. Io penso al mio
continuo bisogno di essa (considero l’amore come di genere
femminile), alla sua assoluta importanza. Penso quanto il suo volo
valga il precipizio. Penso a lei talmente tanto che ho dei giorni in
cui mi masturbo o rimango a pensare di farlo. Mi prendo un dolce
angolo di divano e penso a una pelle cui dedicarmi, a un desiderio
che non si esaurisca mai.
Continuo
a torturarmi sulle decisioni quotidiane e sulle scelte future. Poi mi
colpisce una consapevolezza sulla vita. L’amore ne è il centro e
difatti, della mia, ne è la priorità. A chi dimostra di pensare
prima al conto corrente lascerei le capre.
Voglio
l’amore. Ubriacarmi di lei continuamente e da tutti i suoi flussi.
E sono grato di essere consapevole della propria potenzialità, o
meglio, della sua precedenza a tutto. Avanti a lei non vedo altro.
Chi s’inoltra senza, incespica ciecamente, si trascina avanti con
ipocrisia, con devianza, e non con l’idea che forse è l’amore,
l’illusione più reale della nostra esistenza. Addirittura che ne
sia l’unica concretezza.
Con
che parole descriverla?
L’amore.
Quella naturale, diretta, silenziosa, autoalimentata, primaria. Sì,
perché essa è aprioristica al resto. Prima s’intreccia le lingue,
poi si fa il caffè. Prima si passa le labbra sulla punta del
capezzolo, poi si fa il nodo alla cravatta. Prima si lecca dal
principio delle natiche fino all’ultimo millimetro del clitoride,
magari oltre, poi con parti del viso ancora umide si rimane in fila
per pagare le bollette (i non trombanti penseranno sia una sfortunata
e anomala sudorazione).
L’amore
è ovunque. Ci invita e ci tenta. Basta osservare il cielo
primaverile e i suoi fiocchi di polline scendere come neve. Amore che
chiama. Amore nell’aria.
No. Ecco l’amore denigrato. L’amore represso. L’amore deviato.
No. Ecco l’amore denigrato. L’amore represso. L’amore deviato.
Ho
incontrato coraggiosi idioti soffermarsi su un “chissà perché
fare la puttana è il mestiere più vecchio del mondo”. Ho dovuto
rispondere loro che fare la puttana non solo dovrebbe acquisire
meritata dignità, ma essere un ideale di coraggio e prestigio. Io
sarei di certo un fermo sostenitore della CISL (Confederazione
Italiana Sgualdrine e Lupanari). Avrei anche le bandierine in
macchina, probabilmente.
E
parlo di lei. Parlo d’amore.
Nei
momenti in cui passeggio gongolandomi negli ossequi alla Signora, mi
capita di sognare la sua rivalsa. Per strada sogno di essere additato
da manifesti al femminile che presentino il motto “We Want You. In
Us.”. In hotel di aprire il cassetto e invece di Harmony trovare
vibratori psichedelici (magari già puliti nei 3 stelle). Sogno di
sfogliare un manuale di educazione sessuale per adolescenti e trovare
sezioni complete denominate “E tu come pompi?” o “Sesso Anale:
diritti e doveri”.
L’amore inteso come massima espressione naturale, quello incondizionato e incivile, non si preoccupa di pubblica raffinatezza. Esso nasce di per sé in stretta intimità con la natura. Privilegiassimo ciò che più è importante nella nostra nuda e cruda esistenza, forse inizieremmo a perseguire una logica direzione nell’universo. Da una parte l’uomo s’è evoluto secondo un senso di comunità civile condotto dalla sua virilità deviata e mendace, dall’altra rimane ancorato alla sua istintività ormai come un vecchio al suo matrimonio di diamante.
Deviata
egemonia civile e diretta verità umana. A volte penso a riformarle,
a un modo di fonderle.
Imporrei
tasse più pesanti a chi tromba con meccanicità. Taglierei luce e
gas a chi non si dedica con serietà all’hobby del cunnilingus su
mezzi di trasporto. Deporterei in un campo di lavoro chi non rispetta
il solito nutrirsi di trasudato vaginale.
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