TRIBUTO A SARAMAGO

Aveva ottantasette anni ed era ancora nel pieno della sua carriera letteraria. Josè Saramago, premio nobel per la letteratura nel 1998 era affetto da tempo da una grave forma di leucemia, la quale il diciotto giugno l'ha costretto alla morte sull’isola di Lanzarote. Lo scrittore portoghese si era trasferito sull’isola delle Canarie per un esilio volontario dopo l’uscita del Vangelo secondo Gesù, che scatenò non poche polemiche nel proprio paese, ma soprattutto in tutto il mondo cattolico che lo accusò di eresia. Nel romanzo Saramago si cimenta e propone una personale visione del Nuovo Testamento. Una peculiarità che contraddistingue lo scrittore e non manca in nessuno dei suoi scritti è l’inconfondibile cifra stilistica, che riguarda l’uso dei suoi dialoghi, inseriti nel continuum della narrazione senza virgolette né altro segno di stacco a introdurli, come un flusso, un tutt’uno con il resto dell’intreccio. Questo tipo di scrittura nasce, infatti, dall’esigenza di mescolare un insieme di voci disperate e oppresse, frutto di interviste fatte da Saramago ad alcuni contadini, protagonisti del suo libro Una terra chiamata Alentejo. La voce narrante e quella dei personaggi si fondono nel corpo della trama.
Il tema prediletto dallo scrittore, e presente nella maggior parte dei suoi lavori, mira a descrivere la condizione umana in forma allegorica. Impossibile non nominare Cecità, in cui lo scrittore si immagina una popolazione privata dall’uso della vista, che si ritrova nel panico totale ad affrontare la crisi della ragione. Gradualmente i personaggi che popolano questa sarabanda devono fare i conti con le moralità che costituiscono la società contemporanea e che vengono sempre più a mancare. Costringendo l’uomo a una sorta di primordialità.
La questione tanto cara a Saramago continua in altri suoi romanzi famosi come Tutti i nomi, La caverna e Le intermittenze della morte. In quest’ultima fiaba l’autore si domanda cosa succederebbe a una società retta da convinzioni ben salde, se la morte cessasse l’attività. Egli scardina queste convinzioni evidenziando le reazioni e i comportamenti dei personaggi sottoposti all’impotenza degli eventi.
Caino (Feltrinelli) è il suo ultimo sforzo letterario, già in testa alle classifiche italiane: Saramago torna ad occuparsi di religione cimentandosi questa volta con l’Antico Testamento. L’opera vede come protagonista Caino figlio di Adamo ed Eva. Esso si macchia del primo delitto della storia dell’umanità uccidendo il proprio fratello. Per questo nefasto crimine, sarà da Dio punito e condannato a una vita errabonda in groppa al suo mulo, ritrovandosi a viaggiare attraverso lo spazio e il tempo sia come semplice spettatore sia come protagonista dei più salienti episodi biblici: dalla cacciata dall’eden al diluvio universale a bordo dell’arca di Noè.
Altra particolarità dell’autore ma che non è presente in tutte le sue opere è quella di sviluppare temi altrimenti pesanti o ostici mescolandoli ad altri puramente fantastici; chiamando spesso in causa anche il lettore. Saramago porta sulla scena il paradigma del male e lo confronta con un Dio che, a sua volta, si rivela malvagio e capriccioso nei confronti delle proprie creature. In una frase diventata celebre del romanzo, il narratore si esprime così a proposito del rapporto tra dio e i suoi fedeli: “la storia degli uomini è la storia dei loro fraintendimenti con Dio, ne lui capisce noi, né noi capiamo lui”. Ognuno dei viaggi affrontati da Caino sottolinea la crudeltà di un Dio che, invece di farsi amare dalle sue “creature”, sceglie di sottoporle incessantemente a dure prove di fedeltà. Con Caino, Saramago si inventa un'alternativa visione della Bibbia e conferma anche in questa sua ultima fatica la propria peculiare vena stilistica, retaggio d’una vita dedita allo studio della condizione umana.


Alessandro Buzzi

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