LA CINA DI MO YAN


Il grande drago rosso si è risvegliato. Divenuta locomotiva economica mondiale, la Cina turbocapitalista è artefice e al contempo vittima della più grande migrazione mai avvenuta nel mondo. Milioni di persone stanno abbandonando il cuore del paese fatto di poveri villaggi agricoli per raggiungere le immense e caotiche città. L'industrializzazione sta spazzando via i vecchi costumi, modificando i ritmi di una società dalla lunga tradizione, per far posto a uno stile di vita che sarà sempre più influenzato da un'economia di matrice occidentale. Ci affidiamo alla scrittura di uno dei maggiori autori contemporanei cinesi, Mo Yan, per poter meglio comprendere la tradizione dell'immenso popolo di Pechino che rischia di venir dispersa in un dedalo di cemento e di fabbriche. 
Ripercorrendo brevemente la vita di Mo Yan - nato nel 1955 in uno sperduto e povero villaggio dello Shadong - possiamo osservare come dopo la Rivoluzione culturale maoista il giovane scrittore si sia adoperato nei più svariati lavori: il bovaro, l'operaio in fabbrica, e per ultimo, soldato nell'esercito. Nel corso degli anni, però, Mo Yan non ha mai abbandonato la passione per la letteratura, componendo racconti con febbrile costanza. La sua opera maggiore è Sorgo Rosso, una grande narrazione epica che riprende le storie e le leggende del popolo cinese - trasposta sul grande schermo dal regista Zhang Yimou e vincitrice dell'Orso d'Oro al Festival di Berlino nel 1988. 
Influenzato, a detta dello scrittore, da Faulkner e Márquez, teniamo anche presente che Mo Yan è il fondatore di un movimento letterario noto in Cina con il nome di Ricerca delle Radici. 
Ne L'uomo che allevava i gatti possiamo ritrovare le caratteristiche tipiche della penna cinese. In primo luogo emerge la ricerca di una scrittura lirica, capace di rievocare una natura primitiva. E ancora, in questo testo ritroviamo le leggende e i racconti come vera e propria ricerca e peculiarità dell'attività dello scrittore. L'unione dell'elemento naturale con quello leggendario dà forma a un “realismo fantastico” dove la realtà, a tratti dura e violenta, viene velata e mitigata dalla componente magica. È quest'ultimo elemento irrazionale, che sfocia quasi nell'onirico, a non permettere al lettore di stabilire se la storia narrata possa esser vera o verosimile. Un esempio di questo stile narrativo lo ritroviamo vividamente nel racconto che dà il titolo alla raccolta, L'uomo che allevava i gatti, dove, in una Cina rurale e arcaica, un ragazzo bizzarro e misterioso è capace d'incantare e di far ballare i suoi gatti. 
Ma questo “realismo fantastico” è presente in tutti i nove racconti che costituiscono la raccolta pubblicata dalla Einaudi, dov'è possibile sentire le voci di una Cina originaria di cui Mo Yan è stato capace di coglierne i suoni.

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