UNO STATO DI ASSENZA

Una strana inquietudine, uno stato di assenza fisica, mentale, spirituale. Nessuna droga in corpo. Immersa in un gioco di cui non conosco le regole, non ne sono padrona, mi faccio trascinare nel vortice dell’inadeguatezza, osservando un flusso che non ha sostanza, che non ha forma né concretezza; ha odore.
Un senso di vomito, piacevole, formicola dentro le mie membra, aumentando i battiti cardiaci e il fremito delle mani, che tremano, ora, mentre scrivo.
Uno stato di assenza.
Una dimensione di instabilità.
Qualcosa mi sta possedendo, non riesco a controllarlo, e i miei sensi scelgono di non farlo, mi lascio travolgere da raggi solari che sussurrano censura.
Uno stato di assenza.
Una dimensione di precarietà.
Lascio la finestra aperta per prendere aria, per cambiare la puzza di questa camera, assorta nel fumo di sigarette che non mi uccideranno. E intanto cado; cado sul terreno della mia gioventù risucchiando la linfa vitale di un individualismo radicato, che si eleva a inno di autenticità di fronte all’integra precarietà della mia stessa esistenza.
Fuori un’umanità che scorre, inseguendo la morte che cammina affianco ad ognuno, quotidianamente; pensarlo è difficile, realizzarlo è immediato. Corriamo e sprofondiamo, lentamente, dentro il vortice di una guerra non ufficializzata.
Ha senso dire tutto questo?
Pecore di gregge, assetate, noi siamo i creatori di una manipolazione mentale che ipnotizza le masse.
Uno stato di assenza.
Una dimensione terrificante.
Ho perso il controllo del mio persistere, dentro tutto questo.
Il bipolarismo della coscienza, da giorni, possiede il lato surreale del mio essere. Leggere questo suggerirebbe la presenza di una paranoia, di qualcosa che ferisce, fa male, provoca laceranti strappi di personalità. Invece io mi sento viva. Dirlo è pericoloso, diventa censura.
Per giorni sospesa, inevitabilmente, fuori dagli schemi sociali, appesa ad un gancio musicale, parole di inchiostro che non trovano il ritmo; ho voluto vivere.
Ieri notte sono piombata, di nuovo, dentro il vortice di immagini, quelle date dai pregiudizi, quelle che, verbalizzate, spaventano. Un bipolarismo con il paradosso di una condizione precaria, fulminea, passeggera, si radica più forte, rompendo il romanticismo di questo sentire.
Uno stato di assenza.
Una dimensione affascinante.


Francesca Schillaci

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