
ONE DIMENSIONAL KUBRICK

ABSOLUTE YOUNG POETRY 2010_CANTIERI INTERNAZIONALI DI POESIA

L’incalzare di una voce, il materializzarsi di un’atmosfera. Chiudi gli occhi e ti ritrovi tra le righe, e immagini di analizzare il testo, di scomporlo. La metrica non ha una sbavatura, la ricerca verbale è impegnata. Ma non sei su una pagina, non hai nulla di tangibile, solo voce, voce che ti trafigge, musica che ti attraversa, ritmo che ti fa muovere. Questo è la poesia assoluta, il fine ultimo di Absolute Young Poetry: che sia servita con dei drink ad un aperitivo poetico oppure su un palco con ospiti internazionali, la magia è la stessa. Tutto è nato nel 1999, quando un gruppo di giovani universitari che beveva il caffè nella nostra stessa via ha iniziato a parlare di poesia, a confrontarsi e ad organizzare dei reading poetici per i locali del centro città. Si facevano chiamare Gli Ammutinati, e nel giro di un paio d’anni sono diventati un fenomeno anomalo nell’ambito dell’ateneo: le festazze tra studenti venivano organizzate durante i loro reading, dove scorreva a fiumi l’alcool e l’innovazione letteraria. Poi l’incontro con Lello Voce e Gabriele Frasca nel 2005 li ha portati a lavorare a livello regionale per portare a nordest giovani talenti da tutto il mondo, ed è nato il Festival che adesso è arrivato alla quinta edizione. Nel nome dell'iniziativa sono riassunti al meglio i loro intenti: poesia assoluta. E giovane. Lo scopo di Absolute Young Poetry deriva proprio dal proposito di svecchiare la poesia da tutti i canoni che rendono un autore di quarant'anni giovane, quando non dovrebbe essere più giovane né artisticamente né anagraficamente. L'idea è quella di una poesia come confronto sociale, come mezzo per rompere gli schemi e le frontiere anche per quanto riguarda i generi artistici: per loro i versi devono essere impeccabili dal punto di vista scritto, ma allo stesso tempo adatti alla performance orale; possono essere accompagnati alla musica, a supporti visivi, alla recitazione, al canto. Devono uscire dal silenzio di una lettura sul foglio, passare all'attacco e riprendere la loro originaria funzione educativa e sociale. Proviamo a riflettere sulla funzione della poesia nei secoli: i poemi epici, i testi sacri e le ballate sono fatti per essere letti ad alta voce, per insegnare, per essere uditi dalle folle che non sapevano leggere, per essere ripetuti a memoria. Solo negli ultimi secoli questa funzione della poesia si è andata via via perdendo, diventando prima solo scritta, poi addirittura fenomeno d’élite, forse venendo sostituita dalla canzone, dove però spesse volte non si dà abbastanza importanza alla metrica e alla parola (si pensi anche solo all’uso erroneo degli accenti nei brani di alcuni cantautori nostrani). Il Festival si propone annualmente di portare la canzone di qualità a teatro, considerandola a tutti gli effetti poesia: quest’anno vi troveremo il poeta tanguista Horacio Ferrer, che lavorava con Astor Piazzolla e che ad Absolute sarà accompagnato dai Solisti dell’Orquesta Típica Alfredo Marcucci; ci sarà Bernardo Atxaga, il più grande autore basco vivente; poi Julian Cope, ex Teardrop Explodes, ora musicologo e critico oltre che poeta performer; Saul Williams, rapper e performer di poesia statunitense, molto noto a livello internazionale; Luca De Nuzzo, cantautore pugliese dalla raffinata ricerca testuale; Francesca Beard, la poeta performer più conosciuta in Inghilterra; il gruppo A67, rappers e performers napoletani, e ancora Henry Bowers, Ennio Cavalli, Maram al Masri... un gruppo di artisti eterogenei, ma uniti dalla qualità dei testi e dalla pregnanza della performance, che convince, coinvolge, lega.
Oltre agli ospiti serali, il Festival è pieno di attività diurne: corsi gratuiti di versificazione e performance per giovani nati dopo il 1980, collaborazioni con le scuole elementari, medie e superiori, conferenze e presentazioni di libri di autori emergenti. Inoltre, forse per riprendere la verve degli inizi, ogni sera del Festival in orario aperitivo il Caffè Carducci offrirà un drink ai performers e agli spettatori che accorreranno alle 19 ad assistere ai reading chiamati Absolute happy hour. Da qui si può notare il tentativo di trascinare la poesia anche dove la poesia di solito non sta. Il rap e la musica in generale portano spettatori che possono anche non essere interessati alla poesia, e nella stessa sera in cui aspettano di ascoltare un cantante si trovano ad assistere ad altre performance altrimenti sconosciute. Lo stesso è per l'aperitivo: con uno spritz ti invitano ad ascoltare versi pregni, recitati alzandosi improvvisamente da un tavolo a caso del bar: desiderando fortemente che la poesia colpisca, scuota e magari risorga in nuove forme grazie allo spettatore.
LA DIVERSITA' E' UGUAGLIANZA

URLO, IL FILM

Rob Epstein e Jeffrey Friedman decidono di trarre un film che possa raccontare la vita di Allen Ginsberg - interpretato da un James Franco (lo ricordate in Spider Man e Milk?) magistralmente somigliante al poeta -, e le atmosfere di quel periodo, facendo ruotare la vicenda attorno a Urlo. Scritto tra il 1955 e il 1956, stampato in quello stesso anno, l'opera venne processata nel '57 per oscenità - come fosse Madame Bovary o I fiori del male per intenderci.
Il film si struttura in tre situazioni che si sovrappongono e si influenzano. In bianco e nero viene rievocata la mitica lettura del 1955 di Urlo alla Six Galery di San Francisco, dove un giovane Ginsberg interpreta il testo per un manipolo di ragazzi in estasi, ma anche e soprattutto per l'amato Kerouac. S'inframmezza un lungo monologo-intervista in cui Ginsberg racconta della sua giovinezza tra alti e bassi, dell'incontro con Kerouac e la poesia, e di quel gruppo beat - che poi gruppo non aveva intenzione d'essere. E ancora i suoi rapporti con Cassady in giro per l'America, la felicità con Orlovsky e il pensiero a Carl Solomon. Questa parte del film è forse la più interessante perché, a mo' di documentario, riprende e ripete le numerose interviste e i numerosi estratti autentici dell'autore.
Una seconda parte della pellicola dà vita agli allucinanti long lines del poema, che grazie a disegni d'animazione esprimono il panorama urbano decadente dove la vita si è fatta assurda e l'uomo tende all'autodistruzione per evadere da una prigione mentale. Eserciti di impiegati marciano regolarmente tra immensi grattacieli, in un movimento univoco di produzione e consumo di massa – Moloch the incomprehensible prison.
La terza faccia del film è quella che affronta il processo per oscenità, espressione della chiusura culturale e sociale del periodo, gesto estremo della caccia alle streghe del senatore McCarthy. L'imputato è il poeta Lawrence Ferlinghetti, reo di aver stampato l'opera di Ginsberg nel suo City Lights Bookstore, fermamente convinto che quello scritto fosse un'opera d'arte. Ciò che si rimproverava a Urlo era l'uso di parole forti, il riferimento alle droghe e l'esplicito riferimento all'omosessualità. Cose impensabili nell'America puritana e conservatrice anni '50 - ricordate, quello stesso paese che calza stretto al giovane Holden, o che ultimamente è stato così ben descritto da Philip Roth in Indignazione -. Così, ai piedi della corte ci si chiede che cosa sia la letteratura, e tra interrogatori e risposte vaghe, è il poema stesso a uscirne vincitore, e assieme a lui, la libertà artistica. Il film, che ha partecipato al Sundance Film Festival e al Festival di Berlino, è nelle sale italiane già da un po', mentre negli Stati Uniti lo si attende per il 24 settembre 2010. Viene da chiedersi quale sarà la reazione del pubblico americano nel rivedere quel loro casareccio “caso” culturale.
PORDENONELEGGE

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